Nel nostro ordinamento è stabilito che ogni autoveicolo deve essere assicurato obbligatoriamente per la Responsabilità Civile del conducente, cioè contro i danni causati a terzi.
Qualora, però, un sinistro stradale avvenga con un veicolo non assicurato o che è “scappato” dal luogo del sinistro, a tutela dei soggetti rimasti vittima dell’incidente, lo Stato ha previsto il Fondo Vittime della Strada il quale interviene a risarcire il danneggiato. Tale Fondo ha, poi diritto, di rivalersi sul soggetto sprovvisto di assicurazione o scappato dal luogo dell’incidente.
la normativa richiede che il danneggiato non abbia negligentemente fatto allontanare il responsabile.
In quest’ultimo caso, però, la normativa richiede che il danneggiato non abbia negligentemente fatto allontanare il responsabile senza farsi lasciare i dati o senza prenderli con la semplice annotazione della larga del veicolo. In altre parole, il Fondo vittime della strada interviene solo quando il veicolo e/o il responsabile del sinistro non siano stati individuati o non sia stato possibile individuarli e che ciò sia avvenuto senza la colpa della persona offesa ovvero che il responsabile del veicolo di controparte non fosse identificabile utilizzando l’ordinaria diligenza e, pertanto, tenendo una condotta diligente al pari di un buon padre di famiglia.
Ebbene la diligenza che viene richiesta deve necessariamente essere quella di una persona normale che si trova nel caso concreto specificatamente descritto. In più occasioni, peraltro, la Suprema Corte ha osservato che, al fine di evitare frodi assicurative, viene richiesta la verifica delle condizioni psico-fisiche del danneggiato senza che sia tuttavia consentito pervenire a configurare a carico del danneggiato un obbligo di collaborazione “eccessivo” rispetto alle sue “risorse”.
A titolo esemplificativo valga il recente caso dove una signora era rimasta vittima di un sinistro stradale dal quale aveva riportato lesioni fisiche il cui risarcimento veniva chiesto nei confronti del Fondo di Garanzia poiché il responsabile del sinistro non era stato identificato. La signora non aveva preso alcuna generalità o targa nella convinzione di non essersi fatta male; nella realtà, alcune ore dopo l’incidente la signora si sentiva sempre più male e si recava presso il Pronto Soccorso dove le veniva diagnosticato un trauma cranico con amnesia e dove veniva, altresì, ricoverata per alcuni giorni. Nel caso in esame si è, pertanto, concluso che, stante il trauma cranico riportato a seguito del suddetto sinistro stradale, alla signora non poteva essere imputata alcuna negligenza nel recuperare/ fermare il conducente dell’altra vettura non versando la stessa nelle condizioni psico-fisiche tali da permetterle di comprendere la situazione e di provvedere a sé stessa.
Difatti, la Suprema Corte di Cassazione ha avuto modo in più occasioni di esprimersi e in una recente sentenza (Cassazione Civile n. 274 del 13.1.15), gli Ermellini (cioè i Giudici della Suprema Corte) hanno precisato che non può parlarsi di negligenza quando ci si trova avanti obiettive condizioni psicofisiche di turbamento da parte della vittima e ciò nonostante quest’ultima – come nel caso di specie – riferisse di stare bene: non può nemmeno ritenersi negligente l’infortunato per aver consentito all’automobilista di allontanarsi ritenendo di stare bene, non accorgendosi di aver riportato invece un trauma cranico; “la Corte di merito non considerato che non solo un trauma psichico, ma anche la semplice ambascia, o lo spavento, o l’irresolutezza provocata da un evento imprevisto possono avere inibito alla persona investita la prontezza di spirito di identificare l’investitore” e “nessuna responsabilità potrebbe addebitarsi a chi lasci andar via l’automobilista investitore, ritenendo senza colpa di star bene, perché i sintomi del trauma non si sono ancora manifestati”; peraltro, la suddetta Corte precisa che “il malessere (trauma cranico con amnesia) doveva ritenersi una causa sufficiente ad escludere una sua negligenza per la mancata tempestiva identificazione del veicolo investitore” (cfr. Cass. Civ. n. 274/15, doc. 2).
La Suprema Corte, pertanto conclude affermando che a) “o la vittima al momento del fatto riteneva in buona fede di star bene; ed in questo caso (Omissis) la scelta di consentire all’automobilista di allontanarsi non poteva ritenersi negligente” b) “ovvero la vittima al momento del fatto stava effettivamente male; ed in questo caso il malessere doveva ritenersi una causa sufficiente ad escludere una sua negligenza per la mancata tempestiva identificazione del veicolo investitore”.
anche in stato di salute apparente può subentrare una sorta di shock quantomeno temporaneo.
Difatti, nel caso in esame, il Giudice ha affermato che “il sinistro è avvenuto con carattere di repentinità e in modo particolarmente insidioso. (Omissis) E’ esperienza frequente in questi casi che quand’anche in stato di salute apparente subentri una sorta di shock quantomeno temporaneo, tale da indurre la vittima a voler riprendere a tutti i costi la normalità bruscamente e negativamente interrotta. In questo contesto, pare a chi scrive che sanzionare la mancata individuazione del responsabile da parte significhi postulare una presenza di spirito, uno sforzo o una struttura caratteriale nettamente al di sopra di quello che può mediamente richiedersi al modello del c.d. buon padre di famiglia (i.e. il parametro di misurazione della diligenza in concreto): che se pure non è un modello di natura statistica o descrittiva, bensì prescrittivo o deontologico, non richiede comunque neppure sforzi eroici o superiori alla media”. (Tribunale di Milano, sentenza n. 3842/2020). Quindi, in caso di incidente, prima di abbandonare la possibilità di ottenere un risarcimento del danno subito, occorre ben analizzare ogni possibile conseguenza e l’eventuale possibile accesso al Fondo di Garanzia per le vittime della strada.